Inno di battaglia

Il colonnello Dean Hess (Rock Hudson) diventa un pastore protestante e si arruola volontario nella Guerra di Corea a causa dei sensi di colpa per aver partecipato al bombardamento di un orfanotrofio durante la Seconda guerra mondiale. Riuscirà a salvare centinaia di bambini di un istituto, trovando quella pace interiore inseguita da anni.

Prodotto ordinario e convenzionale targato Universal, girato da un Douglas Sirk non certo in forma smagliante, nonostante sia stato realizzato nel periodo di massimo splendore artistico del regista tedesco. La pellicola eccede nella ricerca di una facile presa emotiva e, sulla base dell'autobiografia dell'ufficiale dell'aviazione Hess (1917-2015), rimane in un limbo dallo scarso appeal tra il film di guerra e il dramma esistenziale con accenni di mélo (il rapporto con la giovane coreana En Soon Yang, interpretata da Anna Kashfi, destinato a finire tragicamente). Sirk non riesce ad asciugare una vicenda di per sé retorica e, per certi versi, dall'ideologia ambigua (a causa del sottotesto militare). Il regista durante le riprese si ruppe una caviglia e fu sostituito per diverse scene dagli aiuto registi John Sherwood e Marshall Green.