Oltre il giardino
Being There
Premi Principali
Golden Globe al miglior attore in un film commedia o musicale 1980
Durata
130
Formato
Regista
Il giardiniere Chance (Peter Sellers), analfabeta e timoroso, viene scambiato per un uomo di spiccate virtù intellettuali, nonostante non sappia nemmeno riprodurre la sua firma. È la tv a distorcerne la percezione, facendolo sembrare un genio agli occhi tutti.
Da un romanzo di Jerzy Kosinski, che ha firmato anche la sceneggiatura, Oltre il giardino è una parabola metaforica con affondi tetri e comici, che guarda all'America come a un universo schiavo del tubo catodico, unico arbitro in grado di stabilire categorie di valore e di sentenziare anche al di là di ogni evidenza concreta. Il protagonista, che per anni ha masticato solo tv e cartoni animati, è un contenitore vuoto, ma il bombardamento d'immagini cui è stato sottoposto lo rende, a sorpresa, perfettamente camuffabile: un falso più autentico del previsto, proprio come lo sono le immagini del piccolo schermo. Hal Ashby (Harold e Maude del 1971 e L'ultima corvée del 1973) firma una delle sue migliori regie, giocando con il medium televisivo e i suoi paradossi, e trasformando ogni immagine in un'unghiata contro la realtà del piccolo schermo, senza rinunciare, contemporaneamente, a quella dose di stropicciata malinconia e di asettico candore che rendono il personaggio di Peter Sellers colmo di fascino e di tristissima bellezza. Un uomo che fin dal nome pare raccogliere su di sé un'istanza collettiva, una possibilità (chance, appunto) che nel mondo della tv può spettare davvero a chiunque. La prova di Sellers, alla sua penultima interpretazione, è semplicemente geniale, minimalista ma anche disperata, specchio di un'umanità ancor più sconfinata. Oscar come miglior attore non protagonista a Melvyn Douglas.
Da un romanzo di Jerzy Kosinski, che ha firmato anche la sceneggiatura, Oltre il giardino è una parabola metaforica con affondi tetri e comici, che guarda all'America come a un universo schiavo del tubo catodico, unico arbitro in grado di stabilire categorie di valore e di sentenziare anche al di là di ogni evidenza concreta. Il protagonista, che per anni ha masticato solo tv e cartoni animati, è un contenitore vuoto, ma il bombardamento d'immagini cui è stato sottoposto lo rende, a sorpresa, perfettamente camuffabile: un falso più autentico del previsto, proprio come lo sono le immagini del piccolo schermo. Hal Ashby (Harold e Maude del 1971 e L'ultima corvée del 1973) firma una delle sue migliori regie, giocando con il medium televisivo e i suoi paradossi, e trasformando ogni immagine in un'unghiata contro la realtà del piccolo schermo, senza rinunciare, contemporaneamente, a quella dose di stropicciata malinconia e di asettico candore che rendono il personaggio di Peter Sellers colmo di fascino e di tristissima bellezza. Un uomo che fin dal nome pare raccogliere su di sé un'istanza collettiva, una possibilità (chance, appunto) che nel mondo della tv può spettare davvero a chiunque. La prova di Sellers, alla sua penultima interpretazione, è semplicemente geniale, minimalista ma anche disperata, specchio di un'umanità ancor più sconfinata. Oscar come miglior attore non protagonista a Melvyn Douglas.