Gianni Dubouis (Silvio Orlando), regista in crisi che da cinque anni non realizza un film, si trova suo malgrado coinvolto nella realizzazione della tradizionale sacra rappresentazione della Passione di Gesù in un paesino della Toscana. La situazione precipita mentre la processione diventa sempre più assurda e surreale.



Oltre al calvario culminato con la crocifissione di Cristo, la Passione rappresenta qui anche l'agonia del cinema di intrattenimento italiano che ha perso i propri valori genuini perché si è adeguato ai dictat delle Tv commerciali e dei suoi effimeri protagonisti. Mazzacurati sembra voler raccontare la difficile situazione in cui verte la settima arte nel bel Paese, ma non ha né il cinismo né lo sguardo satirico adeguati a una simile operazione. Dopo il convincente La giusta distanza (2007), l'autore padovano torna ai toni della commedia dolceamara, con risultati ben più modesti: il tema del regista in crisi è quanto di più logoro e abusato si potesse scegliere per parlare della decadenza del cinema che si sovrappone allo stallo esistenziale di chi lo realizza. Personaggi eccessivi e grotteschi, totalmente fuori luogo, e sceneggiatura priva di brio che brucia l'interessante spunto iniziale. Il risultato è una pellicola superficiale e poco aiutata da un gruppo di attori poco intensi.
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