Gilbert Wooley (Jerry Lewis), prestigiatore da strapazzo che si esibisce con il nome di “Grande Wooley”, cerca di risollevare la sua fallimentare carriera imbarcandosi per una tournée in Giappone. Anche in terra d'oriente non riuscirà a star lontano dai guai, ma l'amicizia con un piccolo orfano (Robert Hirano) lo sosterrà, così come la vista dell'adorabile zia del ragazzino (Nobu McCarthy).

Mero contenitore commerciale per la stella Jerry Lewis (qui in veste anche di produttore), il quale, non accontentandosi più della solita e scontata carrellata di gag e improvvisazioni assurde, decide di condire l'intera vicenda con toni leggermente più drammatici del solito. Il risultato è sconfortante: non solo si mette in risalto una trama già di per sé piuttosto claudicante, ma si scade in più di un'occasione nello stucchevole e nella banalità generalizzata del sentimentalismo spicciolo. Nemmeno la regia di Frank Tashlin riesce a tamponare, insistendo anzi nell'esaltazione ripetitiva del protagonista. Il titolo italiano è una parodia del film Il ponte sul fiume Kwai (1957) di David Lean, citato un paio di volte nella pellicola anche grazie alla presenza di Sessue Hayakawa (Mr. Sikita).
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