Il segreto di Vera Drake
Vera Drake
Premi Principali
Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2004
Durata
125
Formato
Regista
Vera Drake (Imelda Staunton) è una casalinga inglese degli anni '50 che all'apparenza conduce una vita in tutto e per tutto tranquilla. Aiuta i vicini, bada alle faccende del suo focolare con amorevolezza e compassione. Vera, però, cela un segreto inconfessabile che la costringe a una facciata d'ipocrisia: aiuta le ragazze in difficoltà ad abortire clandestinamente.
Uno dei film di Leigh più alti, sotto il profilo morale ma anche per ciò che concerne il rigore raggelato della messa in scena. L'Inghilterra degli anni '50 è un grumo di conformismo e false apparenze, di rapporti sociali mediati inautentici e tendenza costante ad occultare qualsiasi tipo di polvere sotto il tappeto. Tali contraddizioni sono percorse dalla mano insieme calda e distante del regista inglese, in perfetto equilibrio tra misurazione raffinata dello spazio scenico e aggressione tutt'altro che compassata di un'intera classe sociale, con le sue posture consuete e le sue abitudini consolidate, immortalate in degli interni illuminati dalla bellissima fotografia (Dick Pope) che fa coesistere giallo-oro e nero. Leigh non assolve e non condanna, non solleva da ogni colpa la casalinga protagonista, che si lascia intenerire dalle difficoltà dei singoli casi umani delle donne che accudisce, né tantomeno beatifica l'autorità che la punì per il suo reato senza lasciarsi intenerire dalla disperazione, sua e della sua famiglia. Finale in crescendo, ma senza sbavature pietistiche nonostante l'insorgere della pietà e della commozione, che pure potevano introdurre il rischio concreto della retorica o della zavorra didascalica. Leone d'oro alla Mostra del cinema Venezia e Coppa Volpi a Imelda Staunton.
Uno dei film di Leigh più alti, sotto il profilo morale ma anche per ciò che concerne il rigore raggelato della messa in scena. L'Inghilterra degli anni '50 è un grumo di conformismo e false apparenze, di rapporti sociali mediati inautentici e tendenza costante ad occultare qualsiasi tipo di polvere sotto il tappeto. Tali contraddizioni sono percorse dalla mano insieme calda e distante del regista inglese, in perfetto equilibrio tra misurazione raffinata dello spazio scenico e aggressione tutt'altro che compassata di un'intera classe sociale, con le sue posture consuete e le sue abitudini consolidate, immortalate in degli interni illuminati dalla bellissima fotografia (Dick Pope) che fa coesistere giallo-oro e nero. Leigh non assolve e non condanna, non solleva da ogni colpa la casalinga protagonista, che si lascia intenerire dalle difficoltà dei singoli casi umani delle donne che accudisce, né tantomeno beatifica l'autorità che la punì per il suo reato senza lasciarsi intenerire dalla disperazione, sua e della sua famiglia. Finale in crescendo, ma senza sbavature pietistiche nonostante l'insorgere della pietà e della commozione, che pure potevano introdurre il rischio concreto della retorica o della zavorra didascalica. Leone d'oro alla Mostra del cinema Venezia e Coppa Volpi a Imelda Staunton.