Le zie di un giovane avvocato ingaggiano due detective (Totò e Agostino Salvietti) per seguire la giovane moglie (Abbe Lane) che tra i suoi pazienti ha il marchese De Vitti (Vittorio De Sica), noto “sciupafemmine”.

A dispetto di quanto faccia intendere il titolo, Totò e De Sica nel film non si incontrano mai. E forse questa è una delle tante reprimende che si possono fare a Mastrocinque. È l'unica traccia cinematografica di Totò per il 1957 che segna il suo ritorno al cinema dopo i sette mesi di fermo dovuti a una malattia agli occhi: nel mezzo c'era stata una parentesi teatrale. Ed è paradossale che nell'unico anno magro (in un decennio in cui il comico girava anche cinque film all'anno) il risultato sia anche così deludente: il film si snoda tra filoni narrativi quasi autonomi e un'accozzaglia di battute spesso già viste, aggravati anche dall'evidente stanchezza di Totò. Da dimenticare.
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