Antonio (Totò) con la complicità dell'amico barbiere (Peppino De Filippo) progetta un finto rapimento con riscatto per spillare soldi all'avara moglie (Titina De Filippo). Il colpo riesce e i due si danno ai bagordi a Roma, ma la moglie scoprirà di essere raggirata e Antonio sarà poi veramente sequestrato.

Il film ripropone regista, cast e un titolo molto simile (inizialmente sarebbe dovuto essere Totò a peso d'oro) a quello di Totò, Peppino e la... malafemmina (1956), che ebbe un enorme successo al botteghino. Quella che è a tutti gli effetti una manovra commerciale, nelle mani dei due comici di razza, spalleggiati dal fido Mastrocinque e con l'aggiunta di un'irresistibile e arcigna Titina De Filippo, diventa però un buon film, solo di poco inferiore al "titolo gemello". Non è un caso che gli unici momenti in cui il ritmo cala (mantenendosi comunque su livelli egregi) sono le scene in cui Peppino è assente e quelle in cui Interlenghi e la Gray sono protagonisti con le loro scaramucce amorose. Per il resto è un prodotto divertente, funzionale e ben curato. Nella banda del Torchio si riconosce, oltre all'immancabile Mario Castellani, Lamberto Maggiorani, protagonista, qualche anno prima, di Ladri di biciclette (1948). Il film fruttò a Peppino il Nastro d'Argento come miglior attore non protagonista.
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