Nella Roma dei primi anni del Novecento, il professor Mori (Fabrizio Bentivoglio), psichiatra, dà un figlio alla moglie Vittoria (Valeria Bruni Tedeschi). Quest'ultima, tuttavia, capisce con angoscia di non provare vero amore per il bambino, che si rifiuta di nutrirsi dal suo seno. Mori, dunque, assume la giovane Annetta (Maya Sansa) come balia. Le nevrosi della moglie, però, non sembrano cessare.

Teso, vibrante e causticamente nevrastenico, La balia è il primo film di Marco Bellocchio, dopo un decennio di sofismi mistici, a convincere pienamente. Curato in ogni dettaglio, si ispira all'omonima novella di Luigi Pirandello e si libera degli orpelli (proto)psicanalitici dei film pregressi, per occuparsi di turbe mentali in maniera più sfaccettata e approfondita. Molto interessante il lavoro intorno alle sonorità prima ancora che sulla costruzioni delle immagini: la messa in scena, comunque, rivela una ritrovata fertilità creativa e una voglia di rimettersi in gioco artisticamente. Bravi tutti gli interpreti, in modo particolare un Fabrizio Bentivoglio, impegnato in una prova tutta in sottrazione, e l'esordiente Maya Sansa, destinata a diventare uno dei volti ricorrenti del cinema di Marco Bellocchio. Nota di merito per la fotografia di Giuseppe Lanci, le scenografie di Simona Migliotti, i costumi di Sergio Ballo e il montaggio della fidata Francesca Calvelli.


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