Assoldato come membro del team per la campagna presidenziale di un Governatore del Sud (John Travolta), l'idealista Henry (Adrian Lester) verrà presto deluso dagli intrighi e dai giochi al massacro della politica.

Inorganico, frammentario e torrenziale (oltre due ore e venti!), il film di Mike Nichols denuncia – involontariamente – uno dei più grossi limiti del suo autore: una vocazione ispirata alla farsa drammatica, che però non riesce a trovare equilibri legittimi ed efficaci. I colori della vittoria, distribuito in tempi di piena psicosi sessual-clintoniana (e ispirato proprio dalle memorie di Joe Klein ai tempi della prima campagna di Clinton, nel 1992), avrebbe potuto benissimo configurarsi come importante dispositivo in grado di impiastricciare le lordure e i bestiari della vanità dietro le campagne presidenziali et similia. Peccato che finisca per essere un (lungo) noioso abbozzo pieno di intricati, scontati e inutili sviluppi, valorizzato dalle discrete interpretazioni di John Travolta, Adrian Lester, Emma Thompson, Billy Bob Thornton, Maura Tierney e soprattutto di Kathy Bates nei panni di un membro lesbico dello staff di Jack Stanton. L'attrice, insieme all'opaca sceneggiatura di Elaine May, si è guadagnata una candidatura ai premi Oscar. Film d'apertura al Festival di Cannes del 1998.
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