Quando un anziano prete invalido all'improvviso torna a camminare, il seminario di gesuiti di San Gregorio grida al miracolo. Ma la vocazione religiosa sembra vacillare nel momento in cui si scopre che la guarigione è il frutto dell'operato del giovane medico agnostico Morrell (Lyle Bettger). Dramma a sfondo religioso per Douglas Sirk, ancora intento a modulare lo stile delle proprie opere secondo un gusto europeo della messa in scena che lasci però spazio all'enfasi emotiva tipicamente hollywoodiana. L'ambientazione rigida e claustrofobica permette al regista tedesco di realizzare una pellicola dai tratti severi che limita gli influssi del mélo, configurandosi più che altro come uno studio di caratteri sulla condizione esistenziale degli uomini di fede confinati in un luogo chiuso e limitato (sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista dell'apertura mentale). La spiritualità passa in secondo piano e la contrapposizione tra fede e ragione lascia ampio spazio al tormentato rapporto amoroso tra Morrell e la bella Terry (Barbara Rush), la cui guarigione "miracolosa" sottolinea senza troppe allusioni la forza dell'amore al di là di qualsiasi credo religioso. Verboso e un po' macchinoso nella narrazione, ma di apprezzabile rigore formale.