Nel corso di un'indagine il detective Azuma (Takeshi Kitano) scopre che il collega Iwaki (Sei Hiraizumi), l'unico con il quale è riuscito a instaurare un dialogo e una sincera amicizia, è coinvolto nel traffico e nello spaccio di droga. In seguito all'omicidio dell'amico e alla violenza perpetrata nei confronti della sorella, cercherà di farsi giustizia da solo, mettendo da parte regole ed etica professionale. Trovatosi dietro la macchina da presa in seguito alla rinuncia dell'esperto Kinji Fukasaku, Kitano trasforma uno script ad alto tasso di comicità in un poliziesco duro e crudo, ricco di suggestioni e a tratti persino esuberante. Pur visibilmente ancorato a stilemi tipici del poliziesco americano, l'esordio del regista giapponese getta le basi di un cinema molto personale, connotato da tempi narrativi anticonvenzionali e intriso di un opprimente fatalismo. Snobbato da gran parte della critica più per pregiudizio nei confronti di un attore improvvisatosi regista che per effettivi demeriti, il film sarà oggetto di una tardiva ma giusta rivalutazione.