Brother

Yamamoto (Takeshi Kitano) parte per gli Stati Uniti alla ricerca del fratello (Claude Maki), dopo che la famiglia mafiosa alla quale apparteneva è stata sterminata a causa di una lotta violentissima tra gang della yakuza. Disorientato ed estraneo al nuovo contesto in cui è costretto a vivere, l'uomo entra in contatto con un americano (Omar Epps), amico del fratello, assieme al quale costituisce un'organizzazione criminale in grado di sfidare la potente mafia italiana.

Le suggestioni artistiche di Takeshi Kitano sbarcano in America con una pellicola nella quale le caratteristiche peculiari della filmografia del regista nipponico, da Violent Cop (1989) a Sonatine (1993), si fondono con quelle tipiche del gangster-movie occidentale. In Brother, però, si rimane comunque su binari più vicini a quelli dello stile asiatico, come d'altronde sarebbe lecito aspettarsi, considerata l'eccezionalità della trasferta oltreoceano. L'autore, abile nel disimpegnarsi grazie a un'articolata sceneggiatura costruita su improvvise esplosioni di violenza, silenzi simbolici e codici morali inviolabili, non perde completamente il distintivo tocco autoriale, fatto di spiazzanti slanci poetici e umoristici, ma non riesce a elevare il livello del proprio lavoro a causa di una seconda parte del film molto debole e a tratti addirittura monocorde. Una pellicola che si addentra in territori abbondantemente esplorati dal regista giapponese, e che non risulta certamente imprescindibile, per quanto a tratti piacevole.