In una Tokyo ormai preda delle organizzazioni criminali affiliate alla yakuza, si muove Otomo (Takeshi Kitano), delinquente di medio livello, insieme alla sua gang, falange armata della famiglia Ikemoto. A causa dei sospetti nei confronti di alcuni membri di un gruppo, il boss dell'organizzazione ordina a Otomo di regolare i conti con i traditori: tutto questo darà origine a una vorticosa escalation di violenza e omicidi, in seguito alla quale nessuno potrà più sentirsi al sicuro.

A dieci anni di distanza da Brother (2000), e dopo una trilogia incentrata sulla mancanza di ispirazione artistica (Takeshis' del 2005, Glory to the Filmmaker! del 2007 e Achille e la tartaruga del 2008), Takeshi Kitano torna a occuparsi di yakuza, scegliendo di costruire un'opera priva di quei sottotesti che gli avevano consentito, nella prima parte della sua carriera con film come Sonatine (1993) e Hana-bi (1997), di guardare al microcosmo malavitoso con sguardo decisamente poco convenzionale. Qualche traccia di humour, tanta azione, e un'evidente nostalgia nei confronti di un mondo che non conosce più regole o codici d'onore. La capacità di Kitano di costruire con innegabile maestria sequenze splendidamente coreografate respinge la noia, anche se col passare dei minuti la meccanica riproposizione di situazioni e meccanismi narrativi fa deragliare Outrage dai binari della compiutezza.
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