Gli amanti crocifissi
Chikamatsu monogatari
Durata
102
Formato
Regista
Kyoto, XVII secolo. Ishun (EitarÅ ShindÅ), marito infedele e proprietario di una tipografia, crede erroneamente che la moglie Osan (KyÅko Kagawa) sia l'amante di un suo disegnatore, Mohei (Kazuo Hasegawa). I due allora scappano e, nella fuga, scopriranno di amarsi veramente.
Si può partire dallo splendido finale per parlare di questa pellicola che rappresenta uno degli esiti più importanti della filmografia di Kenji Mizoguchi: i due amanti rifiutano di nascondere i propri sentimenti e, come vuole la legge in caso di adulterio, verranno crocifissi. Il titolo italiano (quello originale starebbe per Una storia di Chikamatsu, dal nome del grande drammaturgo da cui gli sceneggiatori si sono ispirati) mette subito in rilievo questa struggente conclusione, uno dei momenti più indimenticabili della storia del cinema giapponese e tragica ultima tappa di una delle fughe d'amore più toccanti che siano mai apparse sul grande schermo. La morte è una vittoria contro una società rigida e ingiusta, dove il potere e le gerarchie contano più di qualsiasi sentimento. Mohei ha il coraggio di dichiararsi alla donna, abbandonando la posizione di sottoposto che ha sempre dovuto tenere di fronte alla moglie dell'uomo per cui lavorava. Mizoguchi segue i suoi due eroi parallelamente nelle battute iniziali, per poi farli avvicinare gradualmente fino a inquadrarli come fossero una “cosa sola”. Il regista sa come emozionare, ma non ha bisogno di mezzi di bassa retorica: gli basta utilizzare il suo stile maestoso per dipingere questo dramma coinvolgente, dove l'apparato sonoro ha un ruolo di grande rilevanza e in cui i tanti long take contribuiscono a rendere l'azione ancor più concitata e appassionante. Presentato al Festival di Cannes del 1955.
Si può partire dallo splendido finale per parlare di questa pellicola che rappresenta uno degli esiti più importanti della filmografia di Kenji Mizoguchi: i due amanti rifiutano di nascondere i propri sentimenti e, come vuole la legge in caso di adulterio, verranno crocifissi. Il titolo italiano (quello originale starebbe per Una storia di Chikamatsu, dal nome del grande drammaturgo da cui gli sceneggiatori si sono ispirati) mette subito in rilievo questa struggente conclusione, uno dei momenti più indimenticabili della storia del cinema giapponese e tragica ultima tappa di una delle fughe d'amore più toccanti che siano mai apparse sul grande schermo. La morte è una vittoria contro una società rigida e ingiusta, dove il potere e le gerarchie contano più di qualsiasi sentimento. Mohei ha il coraggio di dichiararsi alla donna, abbandonando la posizione di sottoposto che ha sempre dovuto tenere di fronte alla moglie dell'uomo per cui lavorava. Mizoguchi segue i suoi due eroi parallelamente nelle battute iniziali, per poi farli avvicinare gradualmente fino a inquadrarli come fossero una “cosa sola”. Il regista sa come emozionare, ma non ha bisogno di mezzi di bassa retorica: gli basta utilizzare il suo stile maestoso per dipingere questo dramma coinvolgente, dove l'apparato sonoro ha un ruolo di grande rilevanza e in cui i tanti long take contribuiscono a rendere l'azione ancor più concitata e appassionante. Presentato al Festival di Cannes del 1955.