Antonia Mincaglia (Edwige Fenech) vuole sposare l'amato Folco Piccolomini (Romano Malaspina), ma l'arcigno padre Domenico (Umberto D'Orsi) ostacola le nozze. Decide quindi di ritirarsi a vita monastica; l'intervento del pittore Claudio Fornari (Piero Focaccia), che non mancherà di approfittare della situazione, si rivela provvidenziale.

Mariano Laurenti confeziona un tipico esempio di commedia sexy all'italiana, formando un binomio inscindibile con Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda (1972): amori, tradimenti, goliardia e ambientazione medievale. Ma la sceneggiatura di Carlo Veo, ispirata nientemeno che ai Ragionamenti Capricciosi di Pietro Aretino, fa acqua da tutte le parti: le risate sono davvero poche e le becere allusioni sessuali (il “pennello” di Fornari, impenitente seduttore) risultano deprimenti. Si salva la discreta prova di Piero Focaccia, cantante italiano prestato al cinema solo in un altro caso (Le bambole di Mauro Bolognini, Luigi Comencini, Dino Risi e Franco Rossi, del 1965), e si salva anche lo splendore della virginale e maliziosa Edwige Fenech. Piccoli ruoli per Luciana Turina (una suora) e Tiberio Murgia (Frate Filippuccio). Riccardo Garrone è Giovanni Piccolomini. Esilarante la siglia cantata da Focaccia, dal titolo La mutanda-nda («sotto le vesti della ragazza/mo' ci trovi una strana cosa/rossa, gialla, verde, rosa/la mutanda-nda-nda»).
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