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A Better Tomorrow II
Ying hung boon sik II
Durata
105
Formato
Regista
Un tempo gangster della Triade, Ho (Ti Lung) ha abbandonato la vita criminale, ma torna a impugnare la pistola per aiutare il fratello poliziotto Kit (Leslie Chung). Con lui, Lung Si (Dean Shek) e Ken (Chow Yun-Fat), fratello gemello del suo vecchio amico Mark.
Seguito del fortunatissimo A Better Tomorrow (1986) e come questo diretto da John Woo e prodotto da Tsui Hark, è il secondo capitolo di una trilogia che si concluderà con A Better Tomorrow III (regia di Hark, 1989). Da molti viene considerato superiore al capostipite della saga ed è indubbiamente più elaborato e complesso: in realtà, manca la freschezza del predecessore, la narrazione si fa più faticosa, il manierismo più evidente. La colpa è anche dei tagli apportati alla pellicola, originariamente lunga quasi tre ore e scorciata da interventi operati dallo stesso Hark (che montò il primo tempo, lasciando il secondo a Woo). In compenso, lo scontro finale dei protagonisti contro decine di nemici vale l'intero film: epica ed efferata sinfonia della morte, cita palesemente Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah (1969) e ribadisce che pochi al mondo sanno filmare la violenza con il talento Woo (se ne ricorderà anni dopo Quentin Tarantino). Chow Yun-Fat, poi, è così irresistibilmente iconico da far perdonare persino l'espediente narrativo da soap opera (il gemello di New York) necessario per farlo tornare in scena.
Seguito del fortunatissimo A Better Tomorrow (1986) e come questo diretto da John Woo e prodotto da Tsui Hark, è il secondo capitolo di una trilogia che si concluderà con A Better Tomorrow III (regia di Hark, 1989). Da molti viene considerato superiore al capostipite della saga ed è indubbiamente più elaborato e complesso: in realtà, manca la freschezza del predecessore, la narrazione si fa più faticosa, il manierismo più evidente. La colpa è anche dei tagli apportati alla pellicola, originariamente lunga quasi tre ore e scorciata da interventi operati dallo stesso Hark (che montò il primo tempo, lasciando il secondo a Woo). In compenso, lo scontro finale dei protagonisti contro decine di nemici vale l'intero film: epica ed efferata sinfonia della morte, cita palesemente Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah (1969) e ribadisce che pochi al mondo sanno filmare la violenza con il talento Woo (se ne ricorderà anni dopo Quentin Tarantino). Chow Yun-Fat, poi, è così irresistibilmente iconico da far perdonare persino l'espediente narrativo da soap opera (il gemello di New York) necessario per farlo tornare in scena.
