Il brigante
Durata
143
Formato
Regista
Incarcerato ingiustamente dai fascisti con l'accusa di omicidio, il giovane siciliano Michele (Adelmo Di Fraia) evade e si unisce alle truppe alleate. Rientrato in Italia dopo la Liberazione, darà man forte ai contadini per appropriarsi delle terre, ma la vecchia accusa tornerà a galla e dunque sarà costretto a fuggire di nuovo.
Tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Berto, Il brigante è uno dei migliori titoli della filmografia di Renato Castellani. Girato con la solita cura e perizia dal regista ligure, il lungometraggio si mette in luce per il coraggio nel raccontare una vera e propria epica contadina a cavallo del secondo conflitto mondiale, finalizzata a scagliare una forte accusa alla politica di quei tempi. Michele si vede precluso un futuro di libertà a causa di un cavillo inutile e scorretto, esattamente come il Meridione, che, subito dopo la Liberazione della penisola, si ritrovò abbandonato e lasciato in uno stato di povertà privo di paragoni. L'Italia unità non è poi stata una rivoluzione così decisiva per il Mezzogiorno, ancora schiavo di ingiustizie e finte illusioni, di chimere e sopraffazioni: tale critica mossa dal film, in maniera delicata ma decisa al tempo stesso, articola con consapevole veemenza le sue argomentazioni senza mai premere troppo sul pedale dell'acceleratore e servendosi di un racconto contadino misurato, corredato da un soffuso lirismo che sottolinea il carattere eroico delle persone più comuni e umili. Persino nel tragico finale, uno degli apici del film, Castellani evita tutte le trappole possibili preferendo optare per uno sguardo tragico e cinico piuttosto che per delle risoluzioni furbe e retoriche, evitando le scorciatoie a buon mercato.
Tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Berto, Il brigante è uno dei migliori titoli della filmografia di Renato Castellani. Girato con la solita cura e perizia dal regista ligure, il lungometraggio si mette in luce per il coraggio nel raccontare una vera e propria epica contadina a cavallo del secondo conflitto mondiale, finalizzata a scagliare una forte accusa alla politica di quei tempi. Michele si vede precluso un futuro di libertà a causa di un cavillo inutile e scorretto, esattamente come il Meridione, che, subito dopo la Liberazione della penisola, si ritrovò abbandonato e lasciato in uno stato di povertà privo di paragoni. L'Italia unità non è poi stata una rivoluzione così decisiva per il Mezzogiorno, ancora schiavo di ingiustizie e finte illusioni, di chimere e sopraffazioni: tale critica mossa dal film, in maniera delicata ma decisa al tempo stesso, articola con consapevole veemenza le sue argomentazioni senza mai premere troppo sul pedale dell'acceleratore e servendosi di un racconto contadino misurato, corredato da un soffuso lirismo che sottolinea il carattere eroico delle persone più comuni e umili. Persino nel tragico finale, uno degli apici del film, Castellani evita tutte le trappole possibili preferendo optare per uno sguardo tragico e cinico piuttosto che per delle risoluzioni furbe e retoriche, evitando le scorciatoie a buon mercato.