Anche i boia muoiono
Hangmen Also Die!
Durata
134
Formato
Regista
A Praga il funzionario nazista Reinhard Heydrich (Hans Heinrich von Twardowski) rimane ucciso in un attentato organizzato da un partigiano, il dottor Svoboda (Brian Donlevy), che si rifugia in casa del professor Novotny (Walter Brennan). I tedeschi danno vita a una dura repressione cui solo la consegna dell'attentatore può porre fine. Svoboda e la figlia di Novotny, Mascha (Anna Lee), escogitano un piano e incolpano il subdolo collaborazionista Czaka (Gene Lockhart).
Da un soggetto scritto in collaborazione con Bertold Brecht, un'opera profondamente antinazista in cui Lang riflette di nuovo, dopo Furia (1936), sui limiti della giustizia umana e sulla forza della mistificazione come strumento di sopravvivenza e di rivalsa contro le prepotenze e i soprusi. Attraverso questa vicenda che porta un innocente, per quanto viscido e detestabile, a essere condannato per un crimine che non ha commesso, Lang evidenzia come la mostruosità nazista non sia altro che un'estensione e un'esteriorizzazione di una tendenza alla prevaricazione e alla perversione radicata in ogni essere umano. Ecco quindi l'eterno ritorno del pessimismo fatalista langhiano che non vede alcuna possibilità di salvezza, se non estemporanea e posticcia (come denota il finale “aperto” dove campeggia la scritta Not The End), per un'umanità profondamente e irrimediabilmente corrotta, portata a perseguire il male pur di ottenere un bene fantomatico e a dir poco aleatorio. Ottima la fotografia espressionista di James Wong Howe, capace di restituire un senso di oppressione e minaccia costante.
Da un soggetto scritto in collaborazione con Bertold Brecht, un'opera profondamente antinazista in cui Lang riflette di nuovo, dopo Furia (1936), sui limiti della giustizia umana e sulla forza della mistificazione come strumento di sopravvivenza e di rivalsa contro le prepotenze e i soprusi. Attraverso questa vicenda che porta un innocente, per quanto viscido e detestabile, a essere condannato per un crimine che non ha commesso, Lang evidenzia come la mostruosità nazista non sia altro che un'estensione e un'esteriorizzazione di una tendenza alla prevaricazione e alla perversione radicata in ogni essere umano. Ecco quindi l'eterno ritorno del pessimismo fatalista langhiano che non vede alcuna possibilità di salvezza, se non estemporanea e posticcia (come denota il finale “aperto” dove campeggia la scritta Not The End), per un'umanità profondamente e irrimediabilmente corrotta, portata a perseguire il male pur di ottenere un bene fantomatico e a dir poco aleatorio. Ottima la fotografia espressionista di James Wong Howe, capace di restituire un senso di oppressione e minaccia costante.