Giorni di gioventù
Gakusei romansu: Wakaki hi
Durata
103
Formato
Regista
Bin (Ichir Yūki) e Shuichi (Tatsuo Sait) sono due studenti universitari un po' timorosi per via dei loro obblighi accademici ma anche degli inguaribili sognatori, che finiscono per innamorarsi della stessa ragazza.
Ottavo film di Ozu, nonché il primo ad esserci pervenuto intero, narra di una curiosa conflittualità amorosa tra due amici e rappresenta un documento sociale, giovanilistico e antropologico di discreta portata. Al di là del valore storico e del gusto intellettuale derivante dal contestualizzare questa storia in un Giappone piuttosto lontano nel tempo e riconducibile all'alba del Novecento, con tutto quel che ne può conseguire, non resta però molto altro e il film, rivisto oggi, non è altro che un'acerba commedia infarcita di gag fisiche, tutta giostrata sullo sparigliarsi delle carte e sul successivo ripristino di un ordine precostituito. Ozu tuttavia, nonostante non abbia tra le mani niente di memorabile e sia solo agli inizi della sua carriera, lascia intravedere cenni di quello che diventerà il suo consueto, imperdibile, bagaglio di soluzioni registiche e riesce a tracciare uno spaccato emotivo e generazionale incisivo e al contempo mellifluo, che però soffre di discontinuità e fragilità ed è più appesantito rispetto agli standard di purezza e asciuttezza che il maestro giapponese farà propri in futuro. Le scene innevate in compenso rimangono tatuate nella memoria.
Ottavo film di Ozu, nonché il primo ad esserci pervenuto intero, narra di una curiosa conflittualità amorosa tra due amici e rappresenta un documento sociale, giovanilistico e antropologico di discreta portata. Al di là del valore storico e del gusto intellettuale derivante dal contestualizzare questa storia in un Giappone piuttosto lontano nel tempo e riconducibile all'alba del Novecento, con tutto quel che ne può conseguire, non resta però molto altro e il film, rivisto oggi, non è altro che un'acerba commedia infarcita di gag fisiche, tutta giostrata sullo sparigliarsi delle carte e sul successivo ripristino di un ordine precostituito. Ozu tuttavia, nonostante non abbia tra le mani niente di memorabile e sia solo agli inizi della sua carriera, lascia intravedere cenni di quello che diventerà il suo consueto, imperdibile, bagaglio di soluzioni registiche e riesce a tracciare uno spaccato emotivo e generazionale incisivo e al contempo mellifluo, che però soffre di discontinuità e fragilità ed è più appesantito rispetto agli standard di purezza e asciuttezza che il maestro giapponese farà propri in futuro. Le scene innevate in compenso rimangono tatuate nella memoria.