
L'eternità e un giorno
Mia aioniotita kai mia mera
Premi Principali

Palma d’oro al Festival di Cannes 1998
Durata
137
Formato
Regista
Alexandros (Bruno Ganz), vecchio poeta e scrittore, è costretto a lasciare la casa al mare della sua infanzia per un ricovero probabilmente definitivo in ospedale. Una vecchia lettera della moglie defunta, Anna (Isabelle Renauld), e l'incontro casuale con un bambino clandestino (Achilleas Skevis) porteranno Alexandros a compiere un viaggio interiore tra passato e presente.
Tratto da un soggetto di Albert Camus e scritto a sei mani con Tonino Guerra e Petros Markaris, L'eternità e un giorno è il film di Angelopoulos più intimista e poetico, dove il lirismo, la ricerca di metafore, i simboli e le allusioni sono alla base stessa della pellicola. Il tempo oggettivo si dissolve in quello soggettivo, che a sua volta si riversa nel mondo reale, contaminandolo. La Storia, spesso controscena fondamentale all'interno del cinema del regista ellenico, scompare nella dimensione interiore del protagonista, le connessioni narrative si sfaldano e il passato e il presente si fondono, mentre il futuro si fa unità addizionale all'eternità stessa («Il domani dura un'eternità e un giorno», apostrofa la defunta moglie di Alexandros verso la fine del film). Le sperimentazioni formali sul rapporto cinema-tempo portate avanti da Angelopoulos nelle pellicole precedenti, sono qui tutte applicate in una perfetta complementarità tra suono, movimento di macchina e immagine: ma, nella sua radicalità, l'opera rischia anche di incartarsi nella sua parte conclusiva, risultando eccessivamente compiaciuta e meno pregnante di quanto facesse presagire inizialmente. Palma d'oro e Premio della giuria ecumenica al 51° Festival di Cannes.
Tratto da un soggetto di Albert Camus e scritto a sei mani con Tonino Guerra e Petros Markaris, L'eternità e un giorno è il film di Angelopoulos più intimista e poetico, dove il lirismo, la ricerca di metafore, i simboli e le allusioni sono alla base stessa della pellicola. Il tempo oggettivo si dissolve in quello soggettivo, che a sua volta si riversa nel mondo reale, contaminandolo. La Storia, spesso controscena fondamentale all'interno del cinema del regista ellenico, scompare nella dimensione interiore del protagonista, le connessioni narrative si sfaldano e il passato e il presente si fondono, mentre il futuro si fa unità addizionale all'eternità stessa («Il domani dura un'eternità e un giorno», apostrofa la defunta moglie di Alexandros verso la fine del film). Le sperimentazioni formali sul rapporto cinema-tempo portate avanti da Angelopoulos nelle pellicole precedenti, sono qui tutte applicate in una perfetta complementarità tra suono, movimento di macchina e immagine: ma, nella sua radicalità, l'opera rischia anche di incartarsi nella sua parte conclusiva, risultando eccessivamente compiaciuta e meno pregnante di quanto facesse presagire inizialmente. Palma d'oro e Premio della giuria ecumenica al 51° Festival di Cannes.