Nel 1973, Israele viene attaccata da Egitto e Siria: scoppia quella che verrà ricordata come guerra dello Yom Kippur (perché iniziata proprio nel giorno dell'omonima festività ebraica). Weinraub (Liron Levo) si arruola al fronte, aggregandosi con il compagno Ruso (Tomer Russo) a un'unità per il trasporto dei feriti. Il conflitto, con i suoi orrori e la sua violenza, li segnerà per sempre.

Artisticamente attivo fin dagli anni Settanta, Amos Gitai ha atteso quasi trent'anni prima di trasportare sul grande schermo la sua traumatica esperienza come soldato nel breve ma spietato conflitto che insanguinò lo stato israeliano dal 6 al 25 ottobre del '73. Lo fa con un racconto autobiografico di bruciante intensità, un war movie antispettacolare e atipico che scruta da lontano i modelli più alti del genere, Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola o Full Metal Jacket (1987) di Stanley Kubrick, per farsi amaro e desolante documento storico, asciugato da discorsi politici ma al tempo stesso capace di raccontare senza sconti e con vivido realismo la guerra in tutti i suoi aspetti (l'assurdità di fondo, l'impossibile elaborazione del lutto, i punti di vista dei diversi personaggi). Il messaggio pacifista di Gitai è reso ancora più evidente dallo stridente contrasto tra le immagini belliche e la sequenza erotica del prologo, una pennellata di passione e colore prima di sprofondare in un incubo da cui si può uscire solo grazie all'amore. Da vedere. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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