Le sorelle Rivka (Yaël Abecassis) e Malka (Meital Barda) condividono il destino di donne sottomesse alle regole della comunità ebraica ultraortodossa di Gerusalemme. Rivka viene ripudiata dal marito (Yoram Hattab), che pure la ama, solo perché non hanno figli; Malka, innamorata del musicista Yaakov (Sami Huri), è costretta a un matrimonio infelice con Yossef (Uri Klauzner).

Per il più internazionalmente noto tra i registi israeliani, il viaggio in una realtà emblematica dello stato ebraico era probabilmente tappa obbligata, in una filmografia costantemente influenzata dalla Storia e dalla politica del proprio Paese. Lo sguardo del laico Gitai sul microcosmo atemporale e quasi inaccessibile di Mea Shearim (il quartiere che ospita l'enclave Haredi, praticante la forma più conservatrice dell'ebraismo) è fortemente critico, con risvolti da denuncia sociale. Al centro ci sono le donne, private di diritti e libertà, violentate in senso letterale e metaforico. Molti ebrei, anche italiani, hanno accusato il film di manicheismo ma, al di là delle questioni ideologiche (e nonostante la pellicola soffra di una certa piattezza narrativa), è innegabile la capacità di tratteggiare due splendidi ritratti femminili: le eroine silenziose di Gitai, che reagiscono con una ribellione coraggiosa o autodistruttiva, sono interpretate dalle bravissime Yaël Abecassis e Meital Barda. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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