Alaska, 1986: due balene adulte e il loro piccolo rimangono intrappolate sotto a una lastra di ghiaccio, dalla quale possono emergere per prendere respiro solo tramite un buco. Un giornalista locale (John Krasinski) riesce a realizzare alcune riprese e il suo servizio ha un successo tale da far accendere tutti i riflettori sulla delicata situazione: politica, attivisti, mass media e imprenditori che fiutano l’affare si affannano per salvare le balene.



Ordinario e statico drammone a sfondo naturalistico, il film di Kwapis non fa nulla per allontanarsi dai canoni estetici e narrativi del cinema hollywoodiano più scadente, raccontando in maniera lineare e assolutamente convenzionale una storia di cui sappiamo già tutto. Ma se il destino delle balene era già noto, ciò su cui si poteva lavorare meglio era certamente il materiale umano a disposizione: oltre alla componente mediatica, potenzialmente interessante, viene trattata con sconfortante superficialità anche la sottile, strisciante e frustrante sensazione di impotenza che pervade l’animo dei vari protagonisti. Tra naturalisti improvvisati, presidenti che speculano sulla visibilità della tragedia e giornalisti ambiziosi, il tentativo di soccorso viene portato avanti da persone che, senza questo interesse comune, vivrebbero sicuramente una convivenza forzata. Una potenziale straordinaria storia americana, in cui lo "straordinario" rimane soltanto nel titolo. Da dimenticare.
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