Carrie White (Chloë Grace Moretz) è un'adolescente schiva ed emarginata, costantemente derisa dalle compagne e vittima di una madre psicotica e fanatica religiosa (Julianne Moore). Ce n'è abbastanza per dare di matto: la scoperta di poteri telecinetici scatena una furia che esploderà inarrestabile al ballo di fine anno, dopo l'ennesimo crudele scherzo.

Remake di Carrie – Lo sguardo di Satana (1976) di Brian De Palma (sulla base del romanzo Carrie scritto da Stephen King nel 1974) e desolante testimonianza della povertà di idee della maggior parte degli horror del nuovo millennio made in Usa. La regista Kimberly Peirce imbastisce un orrido filmetto senza senso, diretta (e drammatica) filiazione della cosiddetta MTV Television (tecnica da videoclip, colonna sonora agghiacciante, dialoghi beceri). Nessuna delicatezza nell'affrontare temi spinosi quali il passaggio all'età adulta, la scopertà della sessualità, la diversità vissuta come mostruosità, la critica al fanatismo e al bullismo: solo un pastiche colmo di effettacci che riempie di vergogna. Chloë Grace Moretz è spaesata al limite del demenziale; Julianne Moore fa quel che può, ma l'impresa è disperata. Superfluo e imbarazzante.
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