Kotoko
Kotoko
Durata
91
Formato
Regista
Kotoko (Cocco) è una madre single afflitta da un disturbo mentale chiamato “doppia visione” che le provoca non pochi squilibri psicologici. Nel tentativo di proteggere il suo bambino dalle terrificanti allucinazioni di cui è vittima, finisce per fargli del male e le autorità premono per sottrarglielo.
Fin dagli esordi il cinema di Tsukamoto ha ruotato intorno a figure prettamente maschili (spesso interpretate dallo stesso regista) accompagnate in alcuni casi da comprimari femminili di una certa rilevanza, ma comunque secondari, almeno fino ad A Snake of June (2002) e a Vital (2004). Solo in questo lungometraggio del 2011 però una figura femminile, Kotoko, si erge a protagonista assoluta, ritratta in tutta la sua estrema sensibilità e fragilità, grazie all'apporto in fase di scrittura da parte della stessa attrice che la interpreta: la cantante Cocco. Tsukamoto cammina su terreni che conosce bene e, mentre la realtà si duplica diventando inafferrabile e inospitale, il corpo rimane l'unica certezza e il dolore l'unica ancora di salvezza. Come un equilibrista senza rete di sicurezza, il regista si prende i suoi rischi, muovendosi tra registri molto diversi tra loro, oscillando tra il dramma e la commedia, abbandonandosi a immagini di infinita dolcezza e ad altre di efferata e disturbante violenza, firmando una delle pellicole più belle e intense della sua intera carriera. Vincitore della sezione Orizzonti della 68ª edizione della Mostra di Venezia.
Fin dagli esordi il cinema di Tsukamoto ha ruotato intorno a figure prettamente maschili (spesso interpretate dallo stesso regista) accompagnate in alcuni casi da comprimari femminili di una certa rilevanza, ma comunque secondari, almeno fino ad A Snake of June (2002) e a Vital (2004). Solo in questo lungometraggio del 2011 però una figura femminile, Kotoko, si erge a protagonista assoluta, ritratta in tutta la sua estrema sensibilità e fragilità, grazie all'apporto in fase di scrittura da parte della stessa attrice che la interpreta: la cantante Cocco. Tsukamoto cammina su terreni che conosce bene e, mentre la realtà si duplica diventando inafferrabile e inospitale, il corpo rimane l'unica certezza e il dolore l'unica ancora di salvezza. Come un equilibrista senza rete di sicurezza, il regista si prende i suoi rischi, muovendosi tra registri molto diversi tra loro, oscillando tra il dramma e la commedia, abbandonandosi a immagini di infinita dolcezza e ad altre di efferata e disturbante violenza, firmando una delle pellicole più belle e intense della sua intera carriera. Vincitore della sezione Orizzonti della 68ª edizione della Mostra di Venezia.