Metà del XIX secolo: dopo circa 250 anni di pace, in Giappone i guerrieri samurai si sono impoveriti e di conseguenza molti lasciano i loro padroni per diventare dei ronin erranti. Per conservare la sua abilità nel maneggiare la spada, uno di loro (Sosuke Ikematsu) si allena quotidianamente in un villaggio di campagna. L’arrivo sul posto di un abile ronin (Shin’ya Tsukamoto) in cerca di altri potenziali guerrieri, potrebbe cambiare la sua vita.



Fin dalle primissime immagini Killing è già una dichiarazione di intenti e un film perfettamente coerente con la poetica del regista Shin’ya Tsukamoto. Il dettaglio di come viene forgiata una katana è un collegamento immediato con il metallo e con il suo legame con il corpo umano, tanto che viene subito in mente l’esordio cult del regista, Tetsuo (1989). La spada diventa una sorta di protesi del guerriero, che sembra danzare insieme a essa nei duelli e negli allenamenti; e anche la danza, fondamentale in questo come in altri lungometraggi del regista, è un modo per dare voce al corpo, esprimere ciò che sta all’interno, a partire dai tormenti che toccano i protagonisti in scena. Se col precedente Fires On a Plain (2014), Tsukamoto aveva descritto gli orrori della Seconda guerra mondiale, qui torna al tema della violenza, raccontando però di un samurai che si rifiuta di uccidere, facendo una scelta totalmente controcorrente per l’epoca rappresentata (e, sembra voler suggerire il regista, anche nel mondo di oggi). Con il consueto stile dinamico, Tsukamoto dà vita a un bombardamento audiovisivo che trascina efficacemente lo spettatore nel cuore della vicenda, portandolo a un’esperienza che si potrebbe definire corporale dello spettatore all’interno del film. Rispetto ad altre pellicole dell’autore, Killing può apparire piĂą “piccolo” e non ci sono chissà quali elementi da mandare a memoria, ma resta un prodotto vibrante e profondo, forse lievemente ridondante considerando la breve durata (circa 80 minuti) ma ugualmente incisivo e in grado di scuotere. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018.
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