
La piccola Lola
Durata
128
Formato
Regista
I giovani coniugi francesi Pierre (Jaques Gamblin) e Géraldine (Isabelle Carré) desiderano avere un bambino ma devono fare i conti con la reciproca infertilità. Decidono così di recarsi in Cambogia per adottare un neonato, incontrano altri connazionali nelle loro stesse condizioni e dopo un lungo iter riescono ad adottare una bambina di nome Lola. Ma la burocrazia cambogiana sembra far di tutto per complicare il sogno di felicità della coppia.
Tavernier racconta in maniera essenziale e ficcante un desiderio di genitorialità che finisce per minare un'unione di coppia, facendo così emergere personali egoismi, fragilità emotive e angosce a lungo sopite. Il regista inserisce la conflittualità tra coniugi in un contesto sospeso tra l'esotismo ambientale e la paradossalità tragicomica della macchina burocratica che mette a dura prova la pazienza dei protagonisti e ne rivela nervi scoperti. Attraverso uno stile documentarista e asciutto vengono messe in scena le contraddittorietà dei rapporti umani, le conflittualità interiori, la difficoltà a fare i conti con i propri limiti, un senso di inquietudine e incomunicabilità. Il tema dell'adozione viene trattato con insolita sagacia riflettendo sia sul senso dell'operazione come compensazione affettiva che diventa ossessione, sia sulla mercificazione di piccoli esseri umani sballottati, testati e visionati come oggetti, evidenziando sia la buona fede dei potenziali “acquirenti” quanto la moralità alquanto discutibile dei “venditori”. Peccato, quindi, per qualche lungaggine di troppo che rende il racconto qua e là ripetitivo ma non meno interessante, originale e incisivo. Buona prova dei due interpreti, in modo particolare di Isabelle Carré in un ruolo a rischio macchietta lacrimosa.
Tavernier racconta in maniera essenziale e ficcante un desiderio di genitorialità che finisce per minare un'unione di coppia, facendo così emergere personali egoismi, fragilità emotive e angosce a lungo sopite. Il regista inserisce la conflittualità tra coniugi in un contesto sospeso tra l'esotismo ambientale e la paradossalità tragicomica della macchina burocratica che mette a dura prova la pazienza dei protagonisti e ne rivela nervi scoperti. Attraverso uno stile documentarista e asciutto vengono messe in scena le contraddittorietà dei rapporti umani, le conflittualità interiori, la difficoltà a fare i conti con i propri limiti, un senso di inquietudine e incomunicabilità. Il tema dell'adozione viene trattato con insolita sagacia riflettendo sia sul senso dell'operazione come compensazione affettiva che diventa ossessione, sia sulla mercificazione di piccoli esseri umani sballottati, testati e visionati come oggetti, evidenziando sia la buona fede dei potenziali “acquirenti” quanto la moralità alquanto discutibile dei “venditori”. Peccato, quindi, per qualche lungaggine di troppo che rende il racconto qua e là ripetitivo ma non meno interessante, originale e incisivo. Buona prova dei due interpreti, in modo particolare di Isabelle Carré in un ruolo a rischio macchietta lacrimosa.