Capitan Conan
Capitaine Conan
Durata
130
Formato
Regista
1918, sul fronte orientale dei Balcani l'esercito francese è impegnato in una lunga e logorante guerra di trincea. La situazione cambia radicalmente con il sopraggiungere dell'impetuoso capitano Conan (Philippe Torreton), un uomo burbero e alieno ai compromessi, abituato a uccidere i nemici con il coltello, che guida l'esercito ad azioni militari dirette e violente. Nemmeno l'amicizia con il pacifista Norbert (Samuel Le Bihan) sembra dissuadere Conan dai suoi metodi decisamente poco ortodossi.
Ispirato all'omonimo romanzo di Roger Vercel, un film profondamente antimilitarista che mette in scena sia l'aspetto più grossolano del potere (incarnato dagli inetti comandanti) sia la ferocia insensata (si pensi al nome barbarico del protagonista) che sta dietro qualsiasi guerra. Curando l'aspetto più spettacolare con un dovizia documentaristica, Tavernier dà vita a un dramma introspettivo in cui progressivamente emergono le contraddittorietà dell'animo umano dinnanzi alle tragedie e alle situazioni più pericolose. Per questo il regista riduce al minimo le scene di combattimento sul campo (comunque filmate con mirabile maestria), concentrandosi maggiormente sugli strascichi psicologici e emotivi che il conflitto tra uomini lascia in coloro che vi prendono parte. La brutalità umana, quindi, si manifesta prima ancora nelle parole e nelle idee che non nelle azioni comunque violente e logoranti, tanto da lasciare un profondo senso di vuoto e smarrimento. Un'opera complessa, per certi versi ostica e a tratti troppo cervellotica e faticosa, ma sicuramente atipica e capace di lasciare il segno. Vincitore di due César per la miglior regia e per il miglior attore (Philippe Torreton).
Ispirato all'omonimo romanzo di Roger Vercel, un film profondamente antimilitarista che mette in scena sia l'aspetto più grossolano del potere (incarnato dagli inetti comandanti) sia la ferocia insensata (si pensi al nome barbarico del protagonista) che sta dietro qualsiasi guerra. Curando l'aspetto più spettacolare con un dovizia documentaristica, Tavernier dà vita a un dramma introspettivo in cui progressivamente emergono le contraddittorietà dell'animo umano dinnanzi alle tragedie e alle situazioni più pericolose. Per questo il regista riduce al minimo le scene di combattimento sul campo (comunque filmate con mirabile maestria), concentrandosi maggiormente sugli strascichi psicologici e emotivi che il conflitto tra uomini lascia in coloro che vi prendono parte. La brutalità umana, quindi, si manifesta prima ancora nelle parole e nelle idee che non nelle azioni comunque violente e logoranti, tanto da lasciare un profondo senso di vuoto e smarrimento. Un'opera complessa, per certi versi ostica e a tratti troppo cervellotica e faticosa, ma sicuramente atipica e capace di lasciare il segno. Vincitore di due César per la miglior regia e per il miglior attore (Philippe Torreton).