Quaranta pistole
Forty Guns
Durata
79
Formato
Regista
A Tombstone, la ricca possidente Jessica Drummond (Barbara Stanwyck) ha al soldo quaranta mercenari, tra cui il violento fratello Brockie (John Ericson), che spadroneggiano e mettono a ferro e a fuoco la città. Intervengono a fermarli tre agenti del governo, l'ex pistolero Griff Bonnell (Barry Sullivan) e i suoi fratelli (Gene Barry e Robert Dix). Ma tra Griff e Jessica nasce l'amore.
Jean-Luc Godard, grande fan di Samuel Fuller, amò tanto questo film che ne fu influenzato per il suo esordio Fino all'ultimo respiro (1960). Le ragioni per cui questo fulgido western anticonformista godette di uno status di culto presso la critica francese sono facilmente comprensibili: visivamente potente, conta su un utilizzo della violenza cinico e spregiudicato e su una regia coraggiosa e moderna (che utilizza movimenti di macchina, piani-sequenza e immagini iconiche con grande disinvoltura). Si direbbe liberamente ispirato alle gesta di Wyatt Earp e dei suoi fratelli, ma a Fuller interessa soprattutto raccontare il conflitto tra giustizia e vendetta, tra civiltà e autoritarismo violento, in un universo spietato dove è sottile il confine che separa il bene e il male e i personaggi femminili appaiono tutt'altro che passivi. L'elemento centrale è l'antieroina di Barbara Stanwyck, volto poco convenzionale di molto cinema western e futura matriarca (in un ruolo simile anche se più positivo) nella serie tv La grande vallata (1965-69). Il lieto fine fu imposto dalla produzione a Fuller, che aveva in mente una conclusione molto meno romantica.
Jean-Luc Godard, grande fan di Samuel Fuller, amò tanto questo film che ne fu influenzato per il suo esordio Fino all'ultimo respiro (1960). Le ragioni per cui questo fulgido western anticonformista godette di uno status di culto presso la critica francese sono facilmente comprensibili: visivamente potente, conta su un utilizzo della violenza cinico e spregiudicato e su una regia coraggiosa e moderna (che utilizza movimenti di macchina, piani-sequenza e immagini iconiche con grande disinvoltura). Si direbbe liberamente ispirato alle gesta di Wyatt Earp e dei suoi fratelli, ma a Fuller interessa soprattutto raccontare il conflitto tra giustizia e vendetta, tra civiltà e autoritarismo violento, in un universo spietato dove è sottile il confine che separa il bene e il male e i personaggi femminili appaiono tutt'altro che passivi. L'elemento centrale è l'antieroina di Barbara Stanwyck, volto poco convenzionale di molto cinema western e futura matriarca (in un ruolo simile anche se più positivo) nella serie tv La grande vallata (1965-69). Il lieto fine fu imposto dalla produzione a Fuller, che aveva in mente una conclusione molto meno romantica.