Ciccillo (Aldo Giuffré), nipote sfaccendato del sindaco di Roccasecca (Totò), si fa mantenere a Napoli dallo zio fingendosi medico. Ma quando i suoi parenti giungono in città, per tenere in piedi la farsa convince lo zio che la pensione in cui vive sia la sua clinica psichiatrica. Sarà l'inizio di una serie di equivoci.

Tratto dalla commedia O miedeco d'e pazze, questo è l'ultimo e il più debole incontro tra Totò e le opere di Scarpetta (prima c'erano stati Un turco napoletano del1953 e Miseria e nobiltà del 1954). Tuttavia la risata è assicurata come sempre, e se l'impianto teatrale è qui fin troppo evidente, l'intesa collaborativa con Mattoli riesce comunque a spremere il più possibile dal classico gioco degli equivoci su cui si regge la pochade e sul labile confine tra sanità mentale e pazzia. A ciò si aggiunge che Totò è ormai a suo agio nei panni di Felice Sciosciammocca, al punto che gli bastano poche mosse e battute per portare a casa il risultato, con gli applausi del pubblico. A supportarlo “spalle” fedeli come Giuffré, Mario Castellani e Giacomo Furia e gli scambi iniziali con Tecla Scarano, nel ruolo della moglie, Concetta.
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