Tatjana
Pidä huivista kiinni, Tatjana
Durata
62
Formato
Regista
Il sarto Valto (Mato Valtonen), dopo aver rinchiuso la madre in uno sgabuzzino, esce per andare a procurarsi del caffè. Insieme all'amico meccanico Reino (Matti Pellonpää) viene abbordato da due ragazze, una russa (Kirsi Tykkyläinen) e l'altra estone (Kati Outinen), che chiedono loro un passaggio per Helsinki, dove dovranno imbarcarsi per Tallin.
Film minore di Kaurismäki, girato lo stesso anno di Leningrad Cowboys Meet Moses (1934), Tatjana riesce comunque a racchiudere gran parte delle tematiche tipiche del regista finlandese. I protagonisti sono infatti dei reietti emarginati le cui disavventure di stampo surreale (la madre chiusa nello sgabuzzino a inizio film, liberata alla fine senza fare una piega) sono spesso al centro di una riflessione sulla vita dai contorni più ampi di quanto possa apparire a prima vista. È un lungometraggio di breve durata all'insegna della timidezza e della solitudine, che si dipana attraverso i silenzi e gli sguardi, i gesti e le musiche che riempiono quella primigenia incapacità di comunicazione alla base di un disagio ineluttabile. La sensazione è che Kaurismäki rischi di ripetersi cercando troppo spesso di ritornare sempre sulle medesime corde e il risultato, seppur sincero, è altalenante e meno pregnante di quanto avrebbe potuto essere.
Film minore di Kaurismäki, girato lo stesso anno di Leningrad Cowboys Meet Moses (1934), Tatjana riesce comunque a racchiudere gran parte delle tematiche tipiche del regista finlandese. I protagonisti sono infatti dei reietti emarginati le cui disavventure di stampo surreale (la madre chiusa nello sgabuzzino a inizio film, liberata alla fine senza fare una piega) sono spesso al centro di una riflessione sulla vita dai contorni più ampi di quanto possa apparire a prima vista. È un lungometraggio di breve durata all'insegna della timidezza e della solitudine, che si dipana attraverso i silenzi e gli sguardi, i gesti e le musiche che riempiono quella primigenia incapacità di comunicazione alla base di un disagio ineluttabile. La sensazione è che Kaurismäki rischi di ripetersi cercando troppo spesso di ritornare sempre sulle medesime corde e il risultato, seppur sincero, è altalenante e meno pregnante di quanto avrebbe potuto essere.