Seconda guerra mondiale: il maggiore Brand (Curd Jürgens) e il capitano Leith (Richard Burton) dell'esercito inglese, guidano una pericolosa missione a Bengasi. Nel difficile ritorno attraverso il deserto, cresce la tensione dei due, accentuata da una rivalità amorosa e dal fatto che Leith accusa Brand di vigliaccheria.

È il secondo film di guerra girato da Nicholas Ray, dopo I diavoli alati (1952), ma gli stilemi classici del genere bellico lasciano spazio a un melodramma dove il vero conflitto non è tra Alleati e tedeschi, ma è quello interiore che alberga nell'animo umano. Calato nella suggestiva ambientazione di un deserto che si fa luogo simbolico, è una riflessione sul coraggio e la viltà, sulla morte e sulla guerra come meccanismo di progressiva disumanizzazione (perfetta la metafora dei manichini, a rendere l'idea di uomini trasformati in pupazzi insensibili). Ray cesella con finezza le personalità del rigido ma controverso Brand e del colto e umanissimo Leith (magistrali le interpretazioni di Burton e Jürgens) in un crudo apologo pacifista antieroico che fa prevalere la psicologia sull'azione. Gran parte delle scene furono davvero girate in Libia, con il supporto dell'esercito britannico; gli interni furono invece filmati negli studi francesi di Nizza.
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