Il sesto senso
The Sixth Sense
Durata
107
Formato
Regista
Philadelphia. Lo psicologo infantile Malcolm Crowe (Bruce Willis), dopo essere sopravvissuto all'agguato di un suo paziente, si dedica con impegno a un nuovo caso, con la speranza di riallacciare il rapporto con la moglie e di ritrovare la fiducia nella sua professione. Il nuovo caso riguarda Cole Sear (Haley Joel Osment), un problematico bambino di nove anni che dice di avere poteri paranormali.
Al suo terzo lungometraggio, M. Night Shyamalan si impone all'attenzione del pubblico internazionale con un thriller metafisico personale e spiazzante, la cui misteriosa e ossessiva atmosfera trova con lo straordinario colpo di scena finale un epilogo di rara suggestione. Il gioco tra realtà e immaginazione subisce uno spettacolare ribaltamento che ha il pregio di non sfociare mai in effettacci o in soluzioni sopra le righe. Suggerire è meglio che mostrare, soprattutto se si tratta di rivitalizzare, alle porte del nuovo millennio, il “cinema di spavento”: il paranormale diventa così un mezzo per parlare degli spettri di un presente abitato da persone dalla identità e dalle origini sfuggenti. Qualche cliché di troppo nella parte centrale ne limita la portata, ma il risultato complessivo è più che discreto, grazie anche alla pregevole fotografia di Tak Fujimoto e alle musiche di James Newton Howard. Il piccolo Haley Joel Osment è perfetto come presenza innocente ma sottilmente ambigua. Sei nomination ai premi Oscar, nemmeno una statuetta.
Al suo terzo lungometraggio, M. Night Shyamalan si impone all'attenzione del pubblico internazionale con un thriller metafisico personale e spiazzante, la cui misteriosa e ossessiva atmosfera trova con lo straordinario colpo di scena finale un epilogo di rara suggestione. Il gioco tra realtà e immaginazione subisce uno spettacolare ribaltamento che ha il pregio di non sfociare mai in effettacci o in soluzioni sopra le righe. Suggerire è meglio che mostrare, soprattutto se si tratta di rivitalizzare, alle porte del nuovo millennio, il “cinema di spavento”: il paranormale diventa così un mezzo per parlare degli spettri di un presente abitato da persone dalla identità e dalle origini sfuggenti. Qualche cliché di troppo nella parte centrale ne limita la portata, ma il risultato complessivo è più che discreto, grazie anche alla pregevole fotografia di Tak Fujimoto e alle musiche di James Newton Howard. Il piccolo Haley Joel Osment è perfetto come presenza innocente ma sottilmente ambigua. Sei nomination ai premi Oscar, nemmeno una statuetta.