Si comincia con un miracolo: in una notte buia e tempestosa cede un muro del riformatorio in cui è costretta la giovane Susana (Rosita Quintana). La ragazza scappa e si rifugia nella fattoria di Don Guadalupe (Fernando Soler). Sicura del suo fascino, seduce il padrone di casa e mira a diventare la (nuova) padrona della fattoria.

Completamente giocato sul malizioso personaggio interpretato dalla fascinosa Rosita Quintana, Adolescenza torbida nasce dall'esigenza di Buñuel di rioccuparsi dopo tanti anni di un tema a lui molto caro: la sessualità repressa a causa delle regole della società moderna. Susana è un agente provocatore capace di invertire i normali canoni morali degli uomini che incontra: tanto bella quanto furba, la ragazza è protagonista di un gioco erotico continuo, fatto di ammiccamenti e respingimenti. Come al principio, solo un intervento divino, a cui si appella la donna di casa, può salvare il nucleo familiare, ormai quasi distrutto dalla presenza della giovane: una scelta che, seppur in maniera implicita, è un ironico atto d'accusa alle istituzioni cristiane. Pur senza ricorrere alle trovate immaginifiche delle sue pellicole più famose, Buñuel firma un lungometraggio solido e capace di coinvolgere al punto giusto, in cui le caratteristiche principali del suo cinema (l'erotismo, l'ironia, la dissacrazione, la simbologia fallica) vengono fuori alla distanza riuscendo a incidere a fondo. Notevole, nonostante lo stesso autore spagnolo non fu soddisfatto del risultato finale: si sbagliava.


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