La bella Rosario (Lilia Prado), sposata con un uomo ben più anziano di lei (Julio Villarreal), è coinvolta in una relazione amorosa con un ingegnere gentiluomo (Tito Junco). La protagonista, nonostante tutto, sceglie di restare con i figli e il marito: diversi anni dopo, però, avrà ancora a fare l'amante.

Dal quarto romanzo dello scrittore francese Guy de Maupassant (Pierre et Jean), Buñuel trae un melodramma familiare dal ritmo poco incalzante che si differenzia dall'originale letterario perché focalizza tutta la propria attenzione non sul rapporto tra fratelli (a cui viene riservato uno spazio minore), ma sulle privazioni, sofferenze e dolorose decisioni della madre. Una figura materna su cui aleggia lo spettro del tradimento e che vede scorrere tutto senza (quasi) scomporsi. Le velate spruzzatine edipiche e il solito gioco di privazioni sono i veri marchi di fabbrica dell'intera produzione buñueliana, che però qui risultano soltanto dei lampi marginali. Il cast appare guidato al meglio, e l'intensità dell'interpretazione di Lilia Prado, abbinata alla sua sconvolgente bellezza, la rendono la protagonista assoluta. Dalla stessa opera di de Maupassant, il regista André Cayatte trasse Pierre et Jean (1943).


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