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Durata
159
Formato
Regista
Dodici giurati hanno il compito di giudicare un giovane ceceno (Apti Magamajev) accusato di parricidio. Tutti tranne uno (Sergej Makoveckij) lo considerano colpevole, ma il giudizio di condanna deve diventare unanime.
Riprendendo il soggetto del dramma di Reginald Rose La parola ai giurati, trasposto sullo schermo da Sidney Lumet nel 1957, e aggiungendovi una presa di posizione politica filo-putiniana nei confronti della guerra cecena, il film con cui Nikita Mikhalkov ritorna dietro la macchina da presa dopo nove anni di assenza toglie parte del fascino dell'opera originale: l'inserimento di analessi sulla vita dell'accusato e l'inserimento del tratto politico allungano di molto il brodo rispetto alla durata più giusta e contenuta del film di Lumet. E la claustrofobica secchezza della vicenda, ben trattata nelle battute iniziali, si perde in divagazioni del tutto superflue. Un'operazione dignitosa e di nobili intenti, in cui l'accattivante soggetto si scontra con la prolissità tipica dell'autore russo.
Riprendendo il soggetto del dramma di Reginald Rose La parola ai giurati, trasposto sullo schermo da Sidney Lumet nel 1957, e aggiungendovi una presa di posizione politica filo-putiniana nei confronti della guerra cecena, il film con cui Nikita Mikhalkov ritorna dietro la macchina da presa dopo nove anni di assenza toglie parte del fascino dell'opera originale: l'inserimento di analessi sulla vita dell'accusato e l'inserimento del tratto politico allungano di molto il brodo rispetto alla durata più giusta e contenuta del film di Lumet. E la claustrofobica secchezza della vicenda, ben trattata nelle battute iniziali, si perde in divagazioni del tutto superflue. Un'operazione dignitosa e di nobili intenti, in cui l'accattivante soggetto si scontra con la prolissità tipica dell'autore russo.