Ghost Elephants
Ghost Elephants
Durata
99
Formato
Regista
È da dieci anni che il Dr. Steve Boyes va alla ricerca di un misterioso e sfuggente branco di elefanti fantasma sulle montagne dell’Angola, un altopiano boscoso praticamente disabitato, ma grande quanto l’Inghilterra. Parte insieme a degli esperti nel seguire le tracce originari della Namibia, i migliori rimasti al mondo, ma resta un’importante domanda di fondo: non sarebbe meglio lasciare questi giganteschi elefanti discendenti da loro “patriarca” Henry nei sogni, come fantasmi, come la balena bianca, piuttosto che trovarli nella realtà?
Continuando in maniera indefessa a sperimentare sulla personale e titanica idea di “documentario”, il cineasta tedesco Werner Herzog aggiunge un altro illuminante capitolo alla sua produzione dedicata agli anfratti più esoterici per tanti versi insondabili e indecifrabili del Pianeta Terra, proseguendo la sua radicale esplorazione dei confini più liminali tanto del sapere umano quanto del creato tout court. Muovendo dal museo Smithsonian di Washington D.C., Herzog palesa il suo immediato interesse per gli elefanti in quanto creature tanto bigger than life, per dimensioni e ingombrante portato simbolico, quanto in grado di fungere, sotto forma di esoscheletro da osservare in vitro, di una singolare lente d’ingrandimento su elementi metafisici che nella mitologia africana si ricollegano direttamente al rapporto simbiotico con gli antenati. Forzando in maniera profonda, intelligente e come sempre estremamente acuta i tradizionali canoni del prodotto da National Geographic, Herzog si fa largo in una sorta di sua personalissima e pachidermica genealogia dell’umano, mettendo in luce a chiare lettere l’intreccio metafisico che esiste tra i riti della terra, la sensibilità sconcertante delle popolazioni indigene per i doni e per gli enigmi offerti loro in dono da Madre Natura e, naturalmente, l’impossibilità conoscitiva di venire a capo di ciò che alberga direttamente alle origini della creazione. Seppur il taglio sia prevalentemente didattico, e lo stesso Herzog si limiti ai suoi canonici commenti filosofici in voice-over, sono davvero tantissimi i momenti e le sequenze che impreziosiscono un prodotto di notevolissimo interesse conoscitivo e speculativo: dal ruolo del re della comunità locale, ammantato di vessilli leopardati di ogni genere, alla riflessione su come l’umanità abbia sempre tentato di sovrastare e perfino massacrare barbaramente gli elefanti fin dai primi viaggi in treno dell’800, passando per l’enfasi posta più cinicamente dai media (come Sport Illustrated) sulle dimensioni degli elefanti in termini di ferocia del bracconaggio ed esaltazione della performance venatoria. A essere particolarmente centrale nell’operazione è sicuramente il dr. Steve Boyes, struggente figura quasi letteraria che, nel voler inconsciamente lasciare incompiuta la sua “missione” e il sogno di un’intera vita racchiuso nei suoi vitrei e malinconici occhi azzurri, intavola un immediato e inevitabile paragone con la mistica di Moby Dick ma anche, herzoghianamente, con quella del cinema d’avventura e di scoperta in senso lato, come fossimo dentro una sua personale versione de L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson. Particolarmente rilevante anche il finale “scientifico” in cui si risale alla cosmogonia della comunità egizia, perfino attraverso gli insetti delle feci dei pachidermi, fondamentali per estrarne il DNA e provare a isolarne il mistero fantasmatico e l’essenza più profonda, radicalmente connessi tanto alla morale dello sguardo cinematografico quanto alla natura magica, antropologica, esoterica e perfino rabdomantica del cinema stesso. Ciò che è certo è che, ancora una volta, Herzog riesce a far sentire chi guarda profondamente microscopico e infinitesimale al cospetto della vastità dell’ignoto che ci sovrasta e che, al contempo, ci abbraccia, continuando a sfumare e confondere in maniera irreversibile i confini tra la vita e la morte. Tra i filmati utilizzati un frammento tratto dal mondo movie Africa Addio di Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi, che permette a Herzog di riflettere anche su come sia cambiata la percezione dell’ambientalismo nella società contemporanea. Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2025.