Baltimora. Il giovane Pecker (Edward Furlong) è impiegato in un negozio di fast-food, ha una famiglia strampalata e una fidanzata (Christina Ricci) che gestisce nevroticamente una lavanderia. Il ragazzo ama fotografare la gente che lo circonda: quando le sue foto vengono esposte in una modesta personale, la gallerista Rory (Lili Taylor) lo nota, e lo convince a seguirla a New York, dove organizza un'importante mostra in suo onore. Il ragazzo diventa presto una celebrità, nel mondo dell'arte, ma tornato a casa si scontra con l'insofferenza dei concittadini.

Uno dei titoli più anomali nella strampalata filmografia di John Waters, che elegge ancora una volta Baltimora come punto focale della vicenda raccontata. Gli accenni più turgidi, scomodi e rivoltanti dell'autore di Pink Flamingos appaiono sporadicamente in alcuni tratti riservati ai ruoli secondari, come la nonna del protagonista, che gira sempre con una statua della Madonna parlante, o come Martha Plimpton, la di lui sorella amica e amante degli omosessuali. O, ancora, i barboni incontrati per caso da mamma Mary Kay Place a New York, e la dolce sorellina minore Cherry amante del trash food. In questa direzione Waters perde un po' i contorni del suo protagonista, divertendosi a tratteggiare le contraddizioni e i divari tra mondo di periferia e grande città. Interessante è il personaggio della gallerista Tomlin – e tutto il sottobosco dell'arte contemporanea newyorkese – e le continue riflessioni su quanto l'arte debba essere brutta o ordinaria per colpire, paradigma che cozza e al contempo strizza l'occhio alla filmografia ragionata di Waters. Purtroppo, però, il film è più ingenuo di quanto ci si possa aspettare, e il povero Edward Furlong, presente in praticamente ogni inquadratura, è più opaco che mai. Paradossalmente, però, la colpa è proprio di Waters, che gioisce nell'illustrare il suo racconto ma è, nel medesimo tempo, incapace di dargli una direzione incisiva e pertinente. «Io detesto l'arte contemporanea!», grida la simpatica Christina Ricci in uno dei (pochi) momenti topici del film: l'unico guizzo realmente coraggioso che Pecker decide di caricare sulle sue spalle fragiline.
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