Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi

Lo and Behold, Reveries of the Connected World

Anno

Paese

Usa

Generi

Durata

98

Formato

Regista



Attraverso dieci capitoli autonomi e indipendenti, Werner Herzog ci conduce nel complesso e variegato mondo dell'informatica: dai primi esperimenti legati a Internet sino alla robotica più avanzata, passando per i videogames e i problemi di natura sociale che la rete ha causato.

Tornato a dirigere un documentario a cinque anni di distanza dal notevole Into the Abyss (2011), Werner Herzog focalizza ora la sua attenzione sulla tecnologia, lasciando da parte tecnicismi incomprensibili o derive futuristiche per cercare di raccontare il presente storico attraverso i dispositivi più comuni utilizzati da tutti noi. Avvalendosi di una messa in scena semplice e lineare (anche se a tratti un po' troppo elementare), l'autore tedesco riesce a restituire la varietà di un mondo denso e stratificato suddividendo il suo lavoro in dieci segmenti del tutto sconnessi l'uno dall'altro, ma che hanno la capacità di analizzare l'oggetto dell'indagine da punti di vista sempre diversi. Intervistando personalità di spicco all'interno del panorama informatico internazionale (in primis un hacker professionista che ha scontato diversi anni della sua vita in prigione), il regista vince quella che sulla carta si presentava come una sfida molto ardua, dimostrandosi però non del tutto a suo agio con la materia trattata: alcuni episodi avrebbero infatti meritato un approfondimento maggiore e sono diversi gli argomenti scottanti del tutto evitati senza un apparente motivo (il fenomeno dei social network in particolare). Herzog, inoltre, sceglie di palesarsi meno che altrove, senza interrogare o provocare più del dovuto l'oggetto dell'indagine, ma lasciando che i protagonisti si raccontino a ruota (quasi) libera. Forte di una prima parte solida e stimolante (davvero notevole il capitolo iniziale riguardante la prima comunicazione online della Storia), Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi perde un po' di brio lungo i minuti ma rimane un'opera affascinante e avvolgente in grado di scandagliare la figura umana e le sue emozioni (come dimostra l'indovinato epilogo) prima ancora che la freddezza delle macchine.


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