Seconda guerra mondiale, Mar Egeo. Ferito in battaglia, il giovane soldato Stroszek (Peter Brogle) viene mandato sull'isola di Kos, dove, insieme ad altri due ufficiali, deve sorvegliare un deposito di munizioni semi-abbandonato. Dopo una serie di giornate improduttive e noiose, la pazzia comincerà a farsi largo nella mente del soldato.

Lungometraggio d'esordio dell'appena ventiseienne Werner Herzog, Segni di Vita è un bignami cinematografico in cui è possibile vedere condensati buona parte dei temi che caratterizzeranno in futuro la carriera del regista tedesco: dalla contemplazione romantica del sublime espresso attraverso la natura, funestata dalla distruzione dell'uomo, sino alla classica figura dell'antieroe herzoghiano, che combatte solitario il mondo che lo circonda a costo di essere additato a pazzo. Caratterizzato da una regia sporca e visionaria, il film alterna momenti rugginosi e involuti (i dialoghi scontano un astrattismo leggermente forzato) a sequenze di una forza visiva già straordinaria (la scena dei mulini, il finale con i fuochi d'artificio). Molto bella la colonna sonora originale di Stavros Xarhakos.


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