Cristiano (Carlo Verdone), timido, impacciato e ingenuo, membro di una comunità per la salvaguardia del gabbiano, e suo padre Armando (Alberto Sordi), affarista e dongiovanni schiavo del sesso, si ritrovano a viaggiare insieme in direzione della Corsica. Il viaggio porterà padre e figlio a conoscersi meglio, mettendone in risalto le inconciliabili differenze ma anche un affetto sincero che, nonostante tutto, li lega.

L'incontro tra Alberto Sordi, indiscusso campione della comicità romana, e Carlo Verdone, suo erede designato, si rivela sostanzialmente un'occasione mancata. La lotta tra due personaggi dai caratteri così incompatibili è ridondante, priva di brillantezza e noiosa, prestando il fianco a gag insulse, quando non becere, e a un sentimentalismo grossolano e facilone, da "volemose bene", furbo e fastidioso. Verdone ripropone, in chiave meno macchiettistica ma più petulante, un personaggio identico agli ingenui e maldestri Leo di Un sacco bello (1980) e Mimmo di Bianco, rosso e Verdone (1981); Sordi si cimenta con una maschera cinica e volgare, un donnaiolo rozzo, arrogante e alla lunga insopportabile. Il confronto tra i due protagonisti, deleterio per entrambi, mette in luce l'eccessiva riverenza di Verdone dinnanzi a un mostro sacro e l'indolenza di un Sordi raramente così spento e molesto, che si conferma un regista alquanto mediocre. Sceneggiatura dei due protagonisti e di Rodolfo Sonego.
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