L'isola di Arturo
Durata
90
Formato
Regista
Arturo (Vanni De Maigret) è un giovane che vive a Procida, amena isola del Golfo di Napoli. Non ha mai lasciato il luogo natio e vive nel mito del padre Wilhelm (Reginald Kernan), che però non lo tiene in grande considerazione. Il genitore torna nell'isola solo poche volte e poi riparte lasciandolo solo, ma un giorno arriva a Procida con la giovane Nunziata (Key Meersman), sposata in seconde nozze e incinta. È proprio la comparsa della ragazza a far scattare qualcosa in Arturo.
Damiano Damiani adatta un celebre romanzo omonimo di Elsa Morante, molto letto e frequentato anche in ambiente didattico. Il film si insinua subito nell'emotività dei personaggi e man mano acquista corposità e densità l'intento di mettere insieme un romanzo di formazione con tutti i crismi del caso. Il legame di Arturo con la sua isola natale è un'allegoria della sua condizione: non l'ha mai lasciata ed è per lui la sostituta ideale di quei genitori che non ha e non ha di fatto mai avuto, una specie di involucro uterino nel quale continuare a trovare conforto. Una bella anche se non troppo originale metafora, solido pilastro portante di una storia raccontata con stile essenziale, che lascia spazio alla bellezza di Procida, rischiando spesso, però, l'effetto cartolina. Ciò che davvero frena il film e ne limita la portata, al di là dei suoi discreti pregi per quanto riguarda la messinscena, è però l'impostazione un po' troppo letteraria, che si affida a una voce fuori campo dannatamente invadente e scantona malamente nel calligrafismo. Si poteva fare di meglio.
Damiano Damiani adatta un celebre romanzo omonimo di Elsa Morante, molto letto e frequentato anche in ambiente didattico. Il film si insinua subito nell'emotività dei personaggi e man mano acquista corposità e densità l'intento di mettere insieme un romanzo di formazione con tutti i crismi del caso. Il legame di Arturo con la sua isola natale è un'allegoria della sua condizione: non l'ha mai lasciata ed è per lui la sostituta ideale di quei genitori che non ha e non ha di fatto mai avuto, una specie di involucro uterino nel quale continuare a trovare conforto. Una bella anche se non troppo originale metafora, solido pilastro portante di una storia raccontata con stile essenziale, che lascia spazio alla bellezza di Procida, rischiando spesso, però, l'effetto cartolina. Ciò che davvero frena il film e ne limita la portata, al di là dei suoi discreti pregi per quanto riguarda la messinscena, è però l'impostazione un po' troppo letteraria, che si affida a una voce fuori campo dannatamente invadente e scantona malamente nel calligrafismo. Si poteva fare di meglio.