A causa di una serie di circostanze, una criminale (Ida Lupino) e uno scrittore (Alexander Knox) finiscono a bordo di un peschereccio comandato da un capitano psicotico e dittatoriale (Edward G. Robinson). Sull'imbarcazione sale anche un borseggiatore (John Garfield) e la convivenza sulla nave si fa sempre più complessa.

È un film claustrofobico, a tinte fosche, che Michael Curtiz ha tratto dal romanzo di Jack London, adattato dallo sceneggiatore Robert Rossen (futuro regista de Tutti gli uomini del re del 1949). Grazie anche alla fotografia di Sam Polito e alle musiche di Erich Wolfgang Korngold, la pellicola vive di un'atmosfera lugubre e fascinosa che diventa sempre più angosciante con il passare dei minuti. Non si tratta però di una semplice riflessione sulla (impossibile?) convivenza tra diversi esseri umani all'interno di uno spazio da cui non si può scappare: Il lupo dei mari è anche una secca metafora della dittatura, in un momento storico (la Seconda guerra mondiale) in cui trattare certi temi non era affatto casuale. Notevole Edward G. Robinson, cupo capitano in grado di inquietare ancora oggi. Dallo stesso romanzo, oltre a diverse versioni precedenti, prese spunto anche Giuseppe Vari per un film del 1974.
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