Francia, anni Settanta. Suzanne (Catherine Deneuve) è sposata a un importante industriale, Robert (Fabrice Luchini). L'uomo la tratta come fosse solo una docile casalinga senza facoltà di parola; ma quando, a causa di un infarto, si rivelerà incapace di gestire gli scioperi dei suoi lavoratori, la moglie prenderà le redini della situazione con piglio altamente temerario.

Ozon si appella all'innegabile talento della sua protagonista, una Deneuve al massimo della forma, per un colorato e autoironico omaggio agli anni Settanta, agli scioperi nelle fabbriche, agli intrepidi sindacalisti che, come in questo caso, hanno le rotonde fattezze di Gérard Depardieu. Il film, tuttavia, stride nell'inseguire a tutti i costi il pastello e il cinismo, e soffre di diversi blocchi in più punti della narrazione. A ogni modo, però, è un'opera divertente e realizzata con grande classe: finale profetico (la politica ci salverà?) con la Deneuve che torna a cantare per Ozon dopo 8 donne e un mistero (2002). Oltre ai già citati – e bravissimi – Deneuve e Depardieu, sarebbe opportuno non isolare e celebrare il mestiere del sempre eccellente Fabrice Luchini.
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