Frantz
Frantz
Durata
113
Formato
Regista
Subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, l’ex soldato francese Adrien (Pierre Niney) si reca in Germania sulla tomba di Frantz (Anton von Lucke), giovane tedesco deceduto al fronte con cui aveva stretto un rapporto che andava oltre la semplice amicizia. Qui, vittima dell’ostilità degli abitanti del villaggio, si imbatte in Anna (Paula Beer), la promessa sposa di Frantz. Sarà l’inizio di un complesso quanto delicato rapporto, segnato da sentimenti inespressi e verità mai svelate.
François Ozon affronta il melodramma classico partendo da L’uomo che ho ucciso (1932) di Ernst Lubitsch, a sua volta tratto dal dramma L'Homme que j'ai tué di Maurice Rostand, senza aggiornare la materia narrativa di partenza, limitandosi anzi a un'operazione letteraria messa in scena come un elegante ma distaccato romanzo d’appendice di stampo convenzionale. Manca la freschezza del miglior cinema del regista francese, il pathos emotivo raramente si fa vibrante e il rischio del fotoromanzo, seppur dallo stile impeccabile, è dietro l’angolo. Lontano dal respiro cinematografico dei migliori mélo di Ophüls o Sirk a cui sembra tendere, Frantz rimane un’opera incapace di brillare di luce propria, preziosa nelle ellissi di scrittura che amplificano le difficoltà dei rapporti umani (anche al di là dell’amore), ma vittima di un meccanismo giocato sulla necessità di mentire per sentirsi accettati che sa di maniera allo stato puro. Un dimenticabile tassello all’interno della filmografia di Ozon, che sovrappone però con efficacia i conflitti nei rapporti interpersonali all’interno della dimensione storica (Francia/Germania) a quelli nella dimensione privata e sentimentale (Adrien/Frantz/Anna). Attori in gran forma, con Pierre Niney che conferma il suo talento, e notevole cura formale con il bianco e nero che, in alcuni significativi momenti, lascia spazio al colore. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2016, dove Paula Beer si è aggiudicata il Premio Marcello Mastroianni per il miglior interprete emergente.
François Ozon affronta il melodramma classico partendo da L’uomo che ho ucciso (1932) di Ernst Lubitsch, a sua volta tratto dal dramma L'Homme que j'ai tué di Maurice Rostand, senza aggiornare la materia narrativa di partenza, limitandosi anzi a un'operazione letteraria messa in scena come un elegante ma distaccato romanzo d’appendice di stampo convenzionale. Manca la freschezza del miglior cinema del regista francese, il pathos emotivo raramente si fa vibrante e il rischio del fotoromanzo, seppur dallo stile impeccabile, è dietro l’angolo. Lontano dal respiro cinematografico dei migliori mélo di Ophüls o Sirk a cui sembra tendere, Frantz rimane un’opera incapace di brillare di luce propria, preziosa nelle ellissi di scrittura che amplificano le difficoltà dei rapporti umani (anche al di là dell’amore), ma vittima di un meccanismo giocato sulla necessità di mentire per sentirsi accettati che sa di maniera allo stato puro. Un dimenticabile tassello all’interno della filmografia di Ozon, che sovrappone però con efficacia i conflitti nei rapporti interpersonali all’interno della dimensione storica (Francia/Germania) a quelli nella dimensione privata e sentimentale (Adrien/Frantz/Anna). Attori in gran forma, con Pierre Niney che conferma il suo talento, e notevole cura formale con il bianco e nero che, in alcuni significativi momenti, lascia spazio al colore. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2016, dove Paula Beer si è aggiudicata il Premio Marcello Mastroianni per il miglior interprete emergente.