Crimini e misfatti

Crimes and Misdemeanors

Anno

Paese

Usa

Durata

104

Formato

Regista

Il ricco medico oculista Judah (Martin Landau) giunge alla tragica decisione di sbarazzarsi dell'amante Dolores (Anjelica Huston) quando la donna, in preda a un esaurimento nervoso, minaccia di rivelare alla moglie (Claire Bloom) la loro relazione e di far emergere gli scandali finanziari in cui l'uomo è coinvolto. Parallelamente, il timido documentarista Cliff (Woody Allen) si innamora di Halley (Mia Farrow), produttrice esecutiva di un progetto cinematografico di Lester (Alan Alda), superficiale e tronfio uomo di successo.

Uno dei risultati più alti dell'itinerario cinematografico di Woody Allen. Attraverso una parabola esistenziale complessa e articolata che indaga il rapporto fede/ragione, i misteri della psiche umana, la cecità dell'uomo e la ricerca del perdono cristiano, il regista newyorkese ha tracciato una profonda riflessione che richiede la partecipazione proattiva dello spettatore, impossibilitato a subire passivamente la natura degli eventi messi in scena, perché per tutta la vita siamo messi di fronte a decisioni angosciose, a scelte morali di differente entità, proprio come i protagonisti della fiction («A che giova la legge se mi ostacola il conseguimento della giustizia?»). Impeccabile Martin Landau nei panni di un uomo di scienza dilaniato dal senso di colpa, isolato nella sua torre d'avorio altoborghese e costretto a entrare in contatto con una realtà segnata da adulterio, sesso, menzogna e delitto. Non meno importante il controcanto sentimentale racchiuso nella liason amorosa tra Cliff (un Woody Allen misurato, in perfetto equilibrio tra malinconica ironia e crepuscolare disillusione) e Halley (Mia Farrow, compagna del regista all'epoca), in cui la ricerca di una imperscrutabile giustizia divina lascia il posto alla consapevolezza che la felicità umana non sembra essere inclusa nel disegno della creazione. Spiazzante, lucido, rigoroso, lontanissimo da riflessioni compiaciute o provocazioni gratuite. Altissima tenuta stilistica, garantita dalla fotografia del maestro Sven Nykvist, fedele collaboratore di Ingmar Bergman. Tre nomination agli Oscar: regia, sceneggiatura (Woody Allen) e attore non protagonista (Martin Landau).
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