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Magic in the Moonlight
Magic in the Moonlight
Durata
97
Formato
Regista
Berlino, 1928. Stanley (Colin Firth), illusionista blasonato con il vezzo di smascherare i ciarlatani della magia, si reca in Costa Azzurra per conoscere da vicino Sophie (Emma Stone), sospettata di essere una truffatrice che si spaccia per sensitiva. Dopo un'iniziale diffidenza, i rapporti tra i due si fanno sempre più intimi, ma, a volte, l'apparenza inganna. L'amore, in ogni caso, trionfa su tutto.
Dopo l'eccezionale parentesi drammatica di Blue Jasmine (2013), Woody Allen torna alla commedia sentimentale e spensierata in terra europea, scegliendo la romantica Côte d'Azur come cornice ideale di un impalpabile intreccio che strizza l'occhio a Una commedia sexy in una notte di mezza estate (1982), La rosa purpurea del Cairo (1985) ma anche a Basta che funzioni (2009). Lo spirito "turistico" di chi, a 79 anni e 45 film alle spalle, ha deciso di plasmare le proprie angoscianti nevrosi a favore di un approccio più rilassato verso l'esistenza, non impedisce comunque al piccolo Woody di ritrovare, anche solo parzialmente, quello sguardo sognante che sembrava ormai smarrito: esile, gradevole, frivola, la pellicola, sotto una patina squisitamente retrò, nasconde l'affannoso tentativo di aggiornare una poetica giunta, forse, al capolinea (razionalità della mente e caos del cuore, rigore europeo e superficialità americana, illusione della realtà e verità della magia). Elegante, ben confezionato, quasi inconsistente, il film rappresenta l'ennesima dichiarazione d'amore al Cinema di un autore per cui «Il mondo può anche essere privo di scopo, ma non di una certa magia». Attori brillanti sul filo della caricatura, raffinata fotografia di Darius Khondji.
Dopo l'eccezionale parentesi drammatica di Blue Jasmine (2013), Woody Allen torna alla commedia sentimentale e spensierata in terra europea, scegliendo la romantica Côte d'Azur come cornice ideale di un impalpabile intreccio che strizza l'occhio a Una commedia sexy in una notte di mezza estate (1982), La rosa purpurea del Cairo (1985) ma anche a Basta che funzioni (2009). Lo spirito "turistico" di chi, a 79 anni e 45 film alle spalle, ha deciso di plasmare le proprie angoscianti nevrosi a favore di un approccio più rilassato verso l'esistenza, non impedisce comunque al piccolo Woody di ritrovare, anche solo parzialmente, quello sguardo sognante che sembrava ormai smarrito: esile, gradevole, frivola, la pellicola, sotto una patina squisitamente retrò, nasconde l'affannoso tentativo di aggiornare una poetica giunta, forse, al capolinea (razionalità della mente e caos del cuore, rigore europeo e superficialità americana, illusione della realtà e verità della magia). Elegante, ben confezionato, quasi inconsistente, il film rappresenta l'ennesima dichiarazione d'amore al Cinema di un autore per cui «Il mondo può anche essere privo di scopo, ma non di una certa magia». Attori brillanti sul filo della caricatura, raffinata fotografia di Darius Khondji.
