Parigi. Alain (Niels Schneider), giovane e romantico scrittore, un giorno incrocia per caso Fanny (Lou de Laâge), suo grande amore fin dai tempi del college che ora conduce una vita altoborghese accanto al marito Jean (Melvil Poupaud). Quello che all'epoca era rimasto un sentimento represso, sboccia in una relazione segreta che mette la ragazza sempre più in difficoltà, combattuta tra desiderio di evasione e senso di colpa causato dal tradimento. La situazione precipita quando Jean viene a sapere l'amara verità.

Al suo primo film in lingua francese, Woody Allen si lascia alle spalle lo sconfortante esito raggiunto con il precedente Rifkin's Festival (2020) e trova il guizzo creativo giusto per realizzare una thriller-comedy briosa e ben costruita, perfettamente in linea con i suoi temi abituali. Ambientato in una Parigi lontana dai soliti cliché turistici, a cui Allen aveva spesso ceduto nei film dell'ultima parte della sua carriera girati su suolo europeo, il racconto procede spedito e godibile, sostenuto da una effervescente leggerezza di tono che lascia spazio anche a risvolti tutt'altro che comici. Un film caustico al punto giusto, in cui il senso di tragedia non ha la rigorosa solennità raggiunta in Crimini e misfatti (1989) e, soprattutto, in Match Point (2005). Allen muove sapientemente i personaggi su una scacchiera dominata dal ruolo della fortuna, come esplicitato dal titolo. Ma è un destino amaro quello che muove le fila dell'intreccio, tanto che un poetico incontro di sapore letterario, consumato tra le incantevoli strade parigine, diventa il volano per una serie di eventi che porta anche all'omicidio. Le divagazioni colte e intellettuali nei dialoghi sono ridotte al minimo e gli ambienti upper class sono giocati su pochi dettagli, tanto da restituire un senso di contingente verità a un divertissement alleniano in tutto e per tutto. Scherzi del cuore, imprevisti detour esistenziali e passato che ritorna sotto forme inaspettate non sono certo spunti inediti, ma pretendere qualcosa di più da Allen, maestro prossimo ai novant'anni, sarebbe davvero ingeneroso. Ciascun personaggio è tratteggiato con discreta cura, ma il più interessante, sia preso singolarmente sia considerato nel disegno complessivo del film, è quello di Alain; Valérie Lemercier, che interpreta la madre di Fanny, ricorda a tratti la Diane Keaton di Misterioso omicidio a Manhattan (1993), al netto di una vena ironica ben più modesta. La raffinatezza della messa in scena è garantita anche dal sapiente contributo di Vittorio Storaro nella direzione della fotografia. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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