1878. Pacer (Elvis Presley) è un mezzosangue, figlio di madre pellerossa e di padre bianco. Quando gli scontri tra indiani e bianchi s'inaspriscono dovrà capire da che parte stare.

Dal romanzo Flaming Lance di Clair Huffaker, Don Siegel ha tratto un western altalenante, che alterna buone trovate a momenti particolarmente fiacchi. Se la messinscena è piuttosto sempliciotta, visto anche il nome del regista (L'invasione degli ultracorpi del 1956), a colpire è il forte messaggio pessimista che non lascia scampo a troppe incertezze: una sommossa degli indiani scatenerà contro il protagonista una serie di sentimenti razzisti provenienti dalle stesse persone che prima considerava suoi amici. Ciò che più conta per Siegel, non sono tanto i colori della pelle, quanto i legami di sangue e l'unità familiare. Un po' didascalico nel rapporto tra Pacer e suo fratello, con cui (come facilmente prevedibile) si troverà a scontrarsi. Elvis Presley s'impegna più del solito e regala una delle performance più convincenti della sua debole carriera cinematografica.
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