Strategia del ragno
Durata
110
Formato
Regista
Athos Magnani (Giulio Brogi) giunge da Milano a Tara, un paesino della bassa padana, alla ricerca della verità sulla morte del padre (sempre Brogi), un eroe della Resistenza ucciso in occasione di un attentato organizzato contro Benito Mussolini. Le indagini di Athos sono ostacolate dalla reticenza degli abitanti del posto e dell'ex amante del padre, la misteriosa e ambigua Draifa (Alida Valli).
Ispirandosi al racconto Tema del traditore e dell'eroe di Jorge Louis Borges, Bertolucci dà vita a un racconto metafisico e astratto, colorato da inserti psicoanalitici attraverso cui riflette sulla percezione di smarrimento identitario oltre che sulle contraddizioni insolute dell'antifascismo e, per estensione, della natura umana. Giulio Brogi interpreta sia il padre che il figlio esplicitando così una innata doppiezza antropica e un disagio interiore che deriva dalle conflittualità tra le pulsioni della psiche e il senso del dovere (dinnanzi alla storia e dinnanzi ai propri simili), tra le ragioni della logica e quelle dei sentimenti. Affascinante e ambiguo, surreale e inquietante, il film è ricco di rimandi pittorici (dai quadri di Antonio Ligabue che accompagnano i titoli di testa, fino ai richiami iconografici alle opere di René Magritte e Giorgio de Chirico) e di un citazionismo (cinematografico e musicale soprattutto) mai gratuito e sempre intellettualmente stimolante. L'immaginaria città di Tara, in provincia di Parma, teatro delle vicende narrate si richiama alla tenuta in cui Rossella O'Hara, protagonista di Via col vento (1939), intende rifugiarsi.
Ispirandosi al racconto Tema del traditore e dell'eroe di Jorge Louis Borges, Bertolucci dà vita a un racconto metafisico e astratto, colorato da inserti psicoanalitici attraverso cui riflette sulla percezione di smarrimento identitario oltre che sulle contraddizioni insolute dell'antifascismo e, per estensione, della natura umana. Giulio Brogi interpreta sia il padre che il figlio esplicitando così una innata doppiezza antropica e un disagio interiore che deriva dalle conflittualità tra le pulsioni della psiche e il senso del dovere (dinnanzi alla storia e dinnanzi ai propri simili), tra le ragioni della logica e quelle dei sentimenti. Affascinante e ambiguo, surreale e inquietante, il film è ricco di rimandi pittorici (dai quadri di Antonio Ligabue che accompagnano i titoli di testa, fino ai richiami iconografici alle opere di René Magritte e Giorgio de Chirico) e di un citazionismo (cinematografico e musicale soprattutto) mai gratuito e sempre intellettualmente stimolante. L'immaginaria città di Tara, in provincia di Parma, teatro delle vicende narrate si richiama alla tenuta in cui Rossella O'Hara, protagonista di Via col vento (1939), intende rifugiarsi.